venerdì 13 agosto 2010

Dark City - Recensione

Dark City
Australia/USA, 1998, colore, 100 min

Regia: Alex Proyas
Sceneggiatura: Alex Proyas, David S. Goyer
Cast: Rufus Sewell, Jennifer Connelly, William Hurt, Kiefer Sutherland, Richard O'Brien, Ian Richardson, Melissa George

In una misteriosa città avvolta da una notte perenne, un uomo si sveglia immerso nella vasca da bagno di un lugubre hotel. Non ricorda il proprio nome e la sua vita rimane un rebus. Quando scopre il cadavere di una donna nella stanza d'albergo, dovrà servirsi dei pochi ricordi confusi che si affacciano nella sua mente per scoprire chi è in realtà. Il suo nome è John Murdoch e, insieme ai cittadini di questa tetra città, non è altro che la cavia di un esperimento condotto da una razza aliena conosciuta come Gli Stranieri. Questi ultimi sono in via d'estinzione e alla ricerca di una via di salvezza. Dotati di una memoria collettiva ed estranei al concetto di individualità, hanno allestito un'enorme città-laboratorio per cercare di far luce sull'anima degli umani e sulla loro capacità di rimanere individui a prescindere dai mutamenti di contesto e dalle memorie fittizie che vengono loro forniti. Grazie alla capacità di "accordarsi" gli alieni sono in grado di modificare la realtà fisica: a mezzanotte gli umani cadono in un sonno profondo mentre i palazzi cambiano forma e l'intera città viene rimodellata in funzione della nuova identità di ogni singolo cittadino. Ma qualcosa è andato storto e Murdoch ha sviluppato la capacità di accordarsi divenendo la variabile impazzita a cui è legato il destino della città.
Protagonista indiscusso di questo sci-fi noir è la darkeggiante città che deve molto alla Gotham City del Batman burtoniano accentuandone la dimensione artificiale. La città che cambia forma con i suoi edifici che si muovono e crescono si rivela funzionale per riuscite scene d'inseguimento tra il braccato Murdoch e i cadaverici alieni, mentre lo spirito di Blade Runner aleggia nell'aria. Ottime le scenografie di George Liddle e Patrick Tatopoulos: la ricostruzione dell'antro sotterraneo dove si riuniscono gli alieni strizza l'occhio a Metropolis mentre le scenografie dei tetti vennero riutilizzate a poca distanza sul set di Matrix. Senza dimenticare che Dark City uscì un anno prima, non è difficile trovare analogie tra il film di Proyas e il cult cyberpunk-new age dei fratelli Wachowski: entrambi propongono una realtà fittizia costruita sulle memorie di una mondo precedente e Murdoch, il messia che porterà la luce nelle tenebre e libererà gli uomini, non è dissimile dall'eletto Neo. Purtroppo Dark City ha un crollo verticale nella parte finale quando Murdoch, oramai conscio dei suoi poteri, ingaggia un duello a suon di onde cerebrali con il capo degli alieni in un tripudio di esplosioni e svolazzamenti che fa tanto Scanners misto a Superman. Una vera caduta di stile. Discrete le prove di Rufus Sewell e William Hurt, da dimenticare un poco convinto Kiefer Sutherland e una Jennifer Connelly dall'espressione bovina.
All'epoca fu un flop commerciale e Proyas impiegò diversi anni prima che gli venissero affidati progetti di una certa rilevanza. Nel 2002 si cimenta con l'innocua commedia australiana Garage Days, poi torna ad Hollywood dove dirige due film che mettono i brividi a qualsiasi appassionato di fantascienza che si rispetti: Io, robot con un Will Smith da fucilazione (sai che novità) capace di far rivoltare il povero Asimov nella tomba e dulcis in fundo l'inguardabile Knowing - Segnali dal futuro, talmente teo-con da far sembrare The Book of Eli un film blasfemo.

1 commento:

Lestat ha detto...

C'è un errore, il film si intitola knowing - segnali da papa ratzinger...

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