domenica 31 gennaio 2010

Videodrome - Recensione

Videodrome
Canada, 1983, colore, 89 min
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: David Cronenberg
Cast: James Woods, Deborah Harry, Les Carlson, Jack Creley, Sonja Smits

Max Renn (James Woods) dirige a Toronto un piccolo canale televisivo trash che trasmette sesso e violenza. Un giorno scopre grazie al suo assistente Harlan una trasmissione pirata, Videodrome, che trasmette snuff movie. Contemporaneamente si innamora di una presentatrice radiofonica, Nicki Brand (Deborah Harry), che sotto la scorza puritana nasconde un’indole masochista e sogna di apparire in quel programma.
Max vuole a tutti i costi contattare chi si cela dietro Videodrome e lo farà avvicinando il professor O’Blivion, fondatore di una “religione catodica” e inventore nonché prima vittima della trasmissione, e Barry Convex, rappresentante della multinazionale dalla mire totalitarie Spectacular Optical. Ma Max viene colpito da un delirio allucinatorio che abolirà tutte le frontiere tra realtà, sogno e immaginazione, forse a causa del segnale-videodrome che causa un tumore al cervello. Divenuto una sorta di videoregistratore vivente che tutti possono programmare e pedina all‘interno di una cospirazione, cercherà la trasmigrazione in una non meglio precisata “nuova carne”.

Cronenberg dissemina Videodrome di una tale quantità di elementi di dubbio che lo spettatore può legittimamente considerare la cospirazione come una delle componenti del delirio del narratore. Assistiamo infatti ad una profusione di immagini la cui provenienza non è mai definita e ampiamente sospetta. L’abilità di Cronenberg sta nell’alternare immagini sane ad altre contagiate dall’allucinazione provocando in noi un dubbio sistematico. Ma da quando si può dire che Max è in preda alle allucinazioni? Sono davvero causa dell’esposizione al segnale-videodrome? Come risultato lo spettatore non riesce mai ad identificarsi pienamente con Max, in quanto non può capire se questi è la vittima di un complotto oppure è lui stesso ad allucinarsi la vita modellandola sui propri desideri, dei quali Videodrome rappresenta la concretizzazione. Una delle scene più pregnanti in questo senso è quella in cui Convex posa sulla testa di Max un “casco da allucinazioni” che permette di visualizzare e registrare le allucinazione generate dal segnale-videodrome. Attraverso il visore del casco, Max dapprima comincia a intravedere forme imprecisate, che a poco a poco raggiungeranno lo stadio di definizione video e che con l’apparizione di Nicki diventeranno chiare e nitide come la pellicola cinematografica. Lo spettatore è costretto a farsi carico della veridicità dell’allucinazione, della sua realtà incarnata nell’immagine. D’ora in avanti ogni immagine e ogni informazione del film può apparirgli dubbia o il prodotto di una mente distorta, portandolo inoltre a rimettere in discussione quanto visto in precedenza. Nicki e Bianca, la figlia del professor O’Blivion, potrebbero non esistere affatto ed essere nella loro fusione il prototipo della donna ideale di Max, così come la Spectacular Optical potrebbe essere semplicemente l’archetipo della multinazionale in grado di inglobare una piccola emittente come la Civic TV, generando nel suo direttore un incontrollabile istinto omicida/suicida. Ma si potrebbero trovare innumerevoli altre chiavi di lettura tutte egualmente confermabili. Max potrebbe persino essere uno psicotico allo stadio terminale e non essersi mosso per tutto il tempo dalla sua stanza.
Una cosa è sicura: Cronenberg con Videodrome ha dato vita ad una brillante metafora sul potere dell’immagine.

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...