venerdì 8 gennaio 2010

A Boy and His Dog - Recensione

A Boy and His Dog
USA, 1975, colore, 91 min
Regia: L.Q. Jones
Sceneggiatura: L.Q. Jones, Alvy Moore
Cast: Don Johnson, Jason Robards, Susanne Benton, Tim McIntire (voce)


Al contrario della televisione, il cinema non ha mai pensato di sfruttare le potenzialità della vasta gamma di racconti partoriti dalla mente di Harlan Ellison. Se sul versante televisivo, il pluripremiato scrittore ha lavorato come sceneggiatore e consulente creativo per svariate serie di successo (Twilight Zone, The Hunger, Babylon 5), A Boy and His Dog rappresenta l’unico adattamento cinematografico di una sua opera. Tratto dall’omonimo racconto breve del 1969, questo stravagante film a basso costo diretto da L.Q. Jones inizialmente doveva basarsi su una sceneggiatura dello stesso autore. A quanto pare Ellison incappò nel classico blocco dello scrittore e lo script venne ultimato da regista e produttore, senza snaturare in alcun modo il materiale di partenza. A Boy and His Dog narra le vicissitudini di sopravvivenza quotidiana di Vic (un giovanissimo Don Johnson, non ancora investito dalla fama di Miami Vice), ambientate nell’Arizona post-apocalittica del 2024 al termine della quarta guerra mondiale. Vic è accompagnato dal fido cane Blood con il quale è in grado di comunicare telepaticamente e i dialoghi tra i due rappresentano il fulcro del film. Il compito di Blood è quello di scovare grazie al suo fiuto le donne, che visti i tempi se ne stanno ben nascoste, per un Vic con gli ormoni perennemente in subbuglio ed evitare che il ragazzo incappi negli “screamers“, sorta di nomadi mutanti radioattivi. Tra i due, Blood, oltre ad essere ferrato in storia, è sicuramente quello più intelligente e dotato di maggiore esperienza. I problemi sorgono quando Vic si rifiuta di ascoltare i consigli del cane. L’ultima preda del duo, la bella Quilla June Holmes (Susanne Benton), si rivela essere una scafata seduttrice e riesce a convincere un totalmente assuefatto Vic ad accompagnarla nel mondo da cui proviene, la città sotterranea di Topeka. Una volta giunto sul posto, Vic si trova di fronte ad una versione da incubo, sotto forma di parodia, dell’America puritana e rurale degli anni 50 dove tutti sono pallidi per la mancanza di sole e si uniformano coprendosi il volto di cerone bianco stile mimo. Topeka ha grandi piani per Vic, ma quella che sembrava una proposta allettante, ingravidare l’intera componente femminile della città, si trasforma in un incubo. In linea con il sopracitato puritanesimo di questa società bigotta e patriarcale, il contatto fisico non è per nulla fattibile. Così il povero Vic, viene collegato ad una macchina per l’estrazione di sperma, passando le giornate a riempire una boccetta dopo l‘altra. La fuga è d’obbligo.
Non si può parlare di A Boy and His Dog senza citare i magnifici dialoghi permeati da un ironico cinismo, senza scadere in banalità o in una ricerca del sarcasmo a tutti i costi. Naturalmente buona parte del merito, soprattutto per i dialoghi di Blood, va ad Harlan Ellison, ma è efficace anche lo script di J.Q. Jones che riesce ad integrare i dialoghi nella narrazione senza forzature e a costruire un rapporto unico tra Vic e il suo canino amico e mentore, nonché vera star del film. Il messaggio del film (complice anche il periodo di stesura del racconto) è essenzialmente libertario. Topeka oltre ad essere luogo di rigidi costumi morali è teatro di lotte intestine dove qualsiasi mezzo è lecito per entrare a far parte del “Comitato” che la governa. Tra il vagabondaggio nell’inospitale deserto post-apocalittico ed entrare a far parte della middle-class corrotta e conservatrice, unica forma di civiltà rimasta in piedi dopo l’olocausto, il nostro Vic non ha dubbi in proposito. Quest’ultima parte, che precede il finale nuovamente all’aperto, vuoi per il cambio di registro che vira troppo sul farsesco, vuoi per la momentanea assenza di Blood, risulta la meno riuscita. Pare che Ellison abbia gradito il film ad eccezione del finale. Senza entrare nel dettaglio, io l’ho trovato esilarante ma all’epoca dell’uscita venne tacciato di misoginia. Fatto piuttosto ridicolo in quanto, vista la forza del legame tra i due protagonisti e la connotazione non certo positiva della ragazza, risulta assolutamente logico.
Il film è stato distribuito con vari titoli: Apocalypse 2024, Psycho Boy and His Killer Dog. Naturalmente quello italiano “Un ragazzo, un cane, due inseparabili amici”, manco fosse qualche cartone animato strappalacrime stile Belle e Sebastien, non lo batte nessuno.
Sul web è possibile reperire facilmente i sottotitoli in italiano.

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