domenica 4 settembre 2011

Dopo il matrimonio - Recensione

Efter brylluppet
Danimarca/Svezia/Uk, 2006, colore, 120 min

Regia: Susanne Bier

Sceneggiatura: Anders Thomas Jensen

Cast: Mads Mikkelsen, Rolf Lassgård, Stine Fischer Christensen, Sidse Babett Knudsen, Mona Malm, Neel Rønholt


Jacob (Mads Mikkelsen) lavora in un orfanotrofio in India, quando giunge la notizia che un miliardario danese vuole “incontrarlo per stringergli la mano” prima di concedere il finanziamento necessario alla sopravvivenza della struttura. Jacob è fuggito dal suo passato ed ora è proprio il passato a ritornare casualmente. Ma sarà proprio vero? Pur contrariato dal dover affrontare, anche se per breve tempo, il suo vecchio mondo fatto di “ricchi e idioti”, in realtà reso ansioso dal riemergere di aspetti della sua vita che tornano prepotentemente a galla e dal lasciare un luogo in cui ha realizzato i suoi ideali e in cui si sente sicuro e appagato, decide di partire. Incontrerà Jørgen (Rolf Lassgård), ricco uomo d’affari, che si dimostrerà interessato al suo progetto ma che rimanderà un ulteriore approfondimento a dopo il matrimonio della figlia, al quale Jacob viene stranamente invitato. I due uomini sono estremamente diversi, sia caratterialmente che per scelte di vita. Jacob è idealista e sognatore, poco pratico, con un passato da spiantato, mentre Jørgen è un uomo di successo, concreto, che, tuttavia, dietro un’apparente serenità nasconde una profonda angoscia della morte (si scoprirà essere un malato terminale). I loro destini si sono incrociati non proprio casualmente. Jacob scoprirà che la neosposa è la propria figlia della quale non conosceva l’esistenza e la madre, nonché moglie di Jørgen, è la donna con la quale vent’anni prima aveva vissuto una relazione profonda ma distruttiva per entrambi, troppo diversi nell’affrontare la vita reale. Le intenzioni di Jørgen, conscio del poco tempo che gli resta, divengono presto chiare: concederà un finanziamento astronomico al progetto a patto che Jacob resti in Danimarca e si prenda cura della famiglia. Si è proiettati in un mondo di sentimenti che consente un approccio a varie tematiche sviscerate con la consueta perizia a cui ci ha abituato la scrittura di Anders Thomas Jensen: la fuga dal passato, l’importanza dell’affettività come motore della vita, l’idealismo come disperata ricerca di colmare un vuoto interiore, il desiderio di paternità e l’importanza di una paternità adottiva in grado di fornire sostegno affettivo e stabilità. La disamina dei sentimenti che animano la storia viene effettuata principalmente tramite i due protagonisti maschili, combattuti tra un passato che si è cercato di dimenticare (Jacob) e un presente che, ironia della sorte, appare tragico (Jørgen). Tutto ciò che era rimasto in sospeso, nascosto, ritorna; si riallacciano i fili delle esistenze e si completa l’incompiuto attraverso una reazione circolare che fa sì che ad una fine corrisponda un nuovo inizio, forse come atto di generosità, forse come desiderio ultimo di continuare in qualche modo ad esistere. Più marginali le figure femminili con un impatto sulla vicenda egualmente marginale. La sofferenza della candida figlia Anna (Stine Fischer Christensen) dopo essere stata cornificata a tempo di record influirà ma non sarà certo determinante nella scelta di Jacob. La rigida moglie Helene (Sidse Babett Knudsen), invece, vince la palma di personaggio più opportunista del film. Pur di continuare a sentirsi protetta dalla stabilità economica, mostra nei confronti della dipendenza alcolica del marito un’accondiscendenza benevola che non aveva attuato nella sua vita passata e che aveva posto fine, anche per la mancanza di sicurezza e di prospettive stabili, al suo rapporto con Jacob. Incarna, insomma, una scelta non proprio travagliata tra ideali e denaro.
Alla fine una domanda sorge spontanea e invita alla riflessione: è proprio vero che diventare adulti significa adeguarsi alla concretezza della realtà anche a spese di qualcosa a cui si tiene? La scelta di Jacob, seppur sofferta, è facilitata dalle circostanze. Può continuare a mantenere gli ideali “da lontano” e reinserirsi in un progetto di vita che presenta già tutte le caratteristiche di appagamento, come il ritrovare una figlia reale con la quale potrà compensare l’abbandono dei “figli adottivi”, e concedersi un più che probabile inizio, o continuazione, di una storia d’amore su basi più mature.

2 commenti:

Donata Ginevra ha detto...

mi hai icuriosita con questa recensione, spero di potrelo vedere presto qst film! ciao e buona giornata ^__^

Count Zero ha detto...

Mi fa piacere, quando succcederà fammi sapere che ne pensi :)

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