lunedì 30 novembre 2009

Linkeroever (Left Bank) - Sottotitoli

Linkeroever (Left Bank)
Belgio, 2008, colore, 102 min
Regia: Pieter Van Hees
Sceneggiatura: Christophe Dirickx, Dimitri Karakatsanis
Cast: Eline Kuppens, Matthias Schoenaerts, Sien Eggers, Marilou Mermans

Marie (Eline Kuppens) è un’atleta professionista. Un giorno sviene all’improvviso a causa di quella che si scoprirà essere un’infezione del suo sistema immunitario. Costretta al riposo, conosce Bobby e ben presto si trasferisce nel suo appartamento situato a Linkeroever, un distretto di Antwerp, dove, nel medioevo, venivano ghettizzati i lebbrosi e i sospettati di stregoneria. Qui scopre che la precedente inquilina è misteriosamente scomparsa. Di pari passo con il peggioramento delle proprie condizioni, Marie comincia ad esplorare questo gelido e spettrale contesto, portandone alla luce il lato più oscuro che attinge a piene mani dalla mitologia pagana.

Sottotitoli Linkeroever

domenica 29 novembre 2009

District 9 - Recensione

District 9
USA/Nuova Zelanda, 2009, colore, 112 min
Regia: Neill Blomkamp
Sceneggiatura: Neil Blomkamp, Terry Tatchell
Cast: Shartlo Copley, Jason Cope, Nathalie Boltt, John Sumner

Reduci dalla cancellazione dell’adattamento cinematografico del videogame Halo, Neill Blomkamp e Peter Jackson decidono di impegnare le proprie energie creative nella realizzazione di un nuovo progetto, District 9. Se un nome del calibro di Peter Jackson, qui nelle vesti di produttore, decide di dare fiducia all’esordiente regista sudafricano (proveniente da corti e videoclip), un motivo ci sarà. Il motivo è presto detto, District 9, tratto dal corto “Alive in Joburg” dello stesso Blomkamp, rappresenta un ventata d’ossigeno nell’asfittico panorama fantascientifico odierno. Blomkamp ripaga ampiamente la fiducia datagli, scrivendo e dirigendo la sua personale versione dell’apartheid con tale sicurezza e fiducia nei proprio mezzi che è lecito attendersi una fulgida carriera. Il tentativo di rivitalizzare un genere capace oramai di sfornare solo infimi remake e baracconate apocalittiche parte proprio da qui.
Anno 1982, gli alieni arrivano sulla Terra e più precisamene l’astronave madre rimane sospesa nel cielo sopra Johannesburg, in Sud Africa. I nuovi arrivati, che versano in condizioni precarie, non sono certo piacevoli a vedersi nel loro incrocio tra insetti e crostacei (una sorta di versione “ingentilita” degli alieni di Man in Black) ma appaiono per lo più spaesati e non particolarmente aggressivi. Non essendo in grado di tornare sull’astronave madre ed essendo esclusa a priori qualsiasi possibilità di integrazione, si decide di ghettizzarli in una baraccopoli alle porte della città, il Distretto 9. Sono passati vent’anni e in seguito alle proteste sempre più pressanti dell’intransigente popolazione locale viene pianificato un nuovo trasferimento. Per la location del film la produzione ha potuto beneficiare della reale e ormai disabitata baraccopoli di Soweto, i cui abitanti hanno subito la stessa sorti degli alieni del film.
Il compito di trasferire gli alieni, ribattezzati con il temine dispregiativo di “prawns” (gamberoni), viene dato in appalto alla MNU che è anche una delle principali produttrici di armi. La MNU inoltre conduce in segreto esperimenti volti a rendere utilizzabile il ricco arsenale di armi tecnologicamente avanzate e attivabili solo dal DNA alieno che i poveri clandestini dello spazio si sono portati dietro. A capo delle operazioni di trasferimenti viene assegnato lo zelante burocrate Wikus van der Merwe (Shartlo Copley) con il colpito di notificare avvisi di sfratto a sbigottiti alieni che ignorano il concetto stesso del termine. Durante lo svolgimento della sua mansione, Wilkus viene accidentalmente in contatto con una sostanza aliena che altera il suo DNA trasformandolo progressivamente in un prawn. Suo malgrado diventerà un preziosissimo esemplare braccato dalla MNU, in quanto il suo DNA ibrido gli consente di utilizzare le ambite armi aliene. Unico rifugio il Distretto 9 dove scoprirà che il cieco opportunismo(incarnata sia dalle multinazionali che dai contrabbandieri nigeriani) e i pregiudizi sono prerogativa unicamente umana.

Il film si apre in stile mockumentary e, tra servizi giornalistici e riprese amatoriali, sfrutta tutti gli artifizi del genere per contestualizzare la vicenda narrata. Nella seconda parte si torna alla classica ripresa cinematografica, scelta che si rivela essenziale per godere al meglio delle frenetiche scene d’azione. Il lavoro sugli effetti speciali ha dell’incredibile considerando il non esorbitante budget di 30 milioni di dollari e una resa visiva che ne vale il doppio. Il livello di interazione tra creature digitali e attori in carne ed ossa raggiunge vette di eccellenza e le varie armi aliene incluso un mech hanno carisma da vendere. Ennesimo colpo riuscito della neozelandese WETA. Se proprio vogliamo trovare il pelo nell’uovo, durante il passaggio tra la prima parte interamente dominata dall’utilizzo di camera a mano e la seconda che gode di una rappresentazione più classica, si avverte per qualche minuto una sensazione di spaesamento abbastanza accentuata. L’impronta di Peter Jackson (sempre memore dei suoi esordi e che è riuscito ad aggiungere un suo personale tocco macabro persino al Signore degli Anelli) si può ravvisare nei graditi effetti splatter che le potenti armi aliene riescono a generare e che allontana, insieme alla caratterizzazione degli alieni e a buone dosi di cattiveria, ancora di più la pellicola dagli standard hollywoodiani.
Ottima la prova dell’esordiente Shartlo Copley in una parte non facile: l’evoluzione psicologica di un patetico burocrate che prova sulla sua pelle cosa significhi essere diverso ma che alla fine avrà modo di riscattarsi, anche se soprattutto per fini egoistici.
Il fatto che il messaggio veicolato da questa metafora dell‘apartheid sia palese (almeno la componente ideologica è condivisibile e non ci ritroviamo di fronte a improponibili derive teocon come nel caso di Knowing) non toglie nulla ad un film realizzato con cura in ogni suo aspetto, senza contare che le riprese effettuate in una vera baraccopoli aggiungono un impatto visivo non indifferente. Numerosi le citazioni ravvisabili, da La Mosca di Cronenberg ad Alien Nation. Toccante l'immagine finale.

giovedì 26 novembre 2009

The Informers - Sottotitoli

The Informers
USA/Germania, 2008, colore, 98 min
Regia: Gregor Jordan
Sceneggiatura: Bret Easton Ellis
Cast: Billy Bob Thornton, Kim Basinger, Amber Heard,
Rhys Ifans, Mickey Rourke, Winona Ryder, Brad Renfro.

The Informers sottotitoli

Screamers - Recensione

Screamers
Canada/USA/Giappone, 1995, colore, 108 min
Regia: Christian Duguay
Sceneggiatura: Dan O' Bannon
Cast: Peter Weller, Roy Dupuis, Jennifer Rubin, Andrew Lauer

Anno 2078, Pianeta Sirius 6B. Il pianeta, in passato un’importante colonia mineraria controllata dal Nuovo Blocco Economico (N.E.B.), è oramai ridotto ad una landa desertica in seguito alla guerra nucleare scatenatasi per il controllo del Berynium. In seguito alla scoperta che l’estrazione del Berynium rilasciava nell’ambiente dosi letali di radiazioni, “L’Alleanza”, fazione nata dalla scissione del NEB, chiese la sospensione delle operazioni minerarie ottenendo per tutta risposta l’inizio della guerra. Il conflitto, limitato a Sirius 6B, ebbe ripercussioni anche sulla Terra generando una nuova guerra fredda tra le opposte fazioni. Per controbilanciare lo strapotere militare del NEB, l’Alleanza inventò gli screamers, piccoli robot muniti di sega circolare capaci di strisciare sottoterra e insinuarsi tra le linee nemiche. Unica difesa contro gli screamers (così chiamati per l’agghiacciante stridore di lame rotanti che emettono) è un braccialetto in dotazione all’alleanza che permette a chi lo indossa di non essere riconosciuto come bersaglio.
Sono passati oramai dieci anni dallo scoppio del conflitto e i pochi sopravvissuti dell’alleanza vivono un’esistenza di estenuante attesa asserragliati nella loro roccaforte, con contatti sempre meno frequenti con il centro di comando terrestre ed esclusi dai giochi di potere che si consumano sulla Terra e hanno già stabilito la sorte di tutti loro. Fino a quando inaspettata arriva dal comando NEB la proposta di una tregua. Dato che quel che resta del messaggero può essere facilmente riposto in una ventiquattrore in seguito ad un incontro ravvicinato con gli screamers e nonostante i dubbi sull‘autenticità del messaggio, il disilluso sergente Hendricksson (Peter Weller) decide di recarsi personalmente al quartier generale NEB per negoziare una tregua. Seguiremo quindi Hendricksson, accompagnato dal tiratore scelto Jefferson e sotto la costante minaccia degli screamers, nel suo viaggio attraverso il desolato e radioattivo pianeta Sirius 6B dove verrà a confrontarsi con una nuova e inquietante verità. Gli screamers hanno raggiunto un’intelligenza tale da autoriprodursi ed evolversi in nuovi ed efficaci modelli. Sotto sembianze umane chiunque potrebbe essere uno di loro…

Il film è tratto dal racconto breve di Philip k. Dick “Second Variety” (Modello Due, 1953) ma se ne discosta per quanto riguarda l’ambientazione, che originariamente si svolgeva sulla luna e prevedeva una guerra tra i classici blocchi contrapposti USA-Russia. Ci troviamo di fronte ad un riuscito connubio tra fantascienza ed horror che svolge bene il suo lavoro nonostante il budget modesto e una sceneggiatura che, pur non snaturando alcuni temi cari allo scrittore, presenta nella seconda parte troppi clichè e lascia molti interrogativi aperti. Domande su cosa comporti l’evoluzione fisica ed emotiva degli screamers rimarranno relegati sullo sfondo. L’ambientazione, soprattutto nella prima parte, rappresenta uno degli aspetti più riusciti, esibendo paesaggi dal sapore post-industriale, con installazioni minerarie in disuso colme di detriti e ammantate di neve. Nella seconda parte, con il raggiungimento della base NEB, i rimandi ad Alien si fanno palesi, tra gelidi corridoi di servizio e il look stesso degli screamers. Da questo punto i colpi di scena si basano unicamente sull’effetto sorpresa per chi risulterà essere una macchina. La diffidenza di Dick nei confronti del genere umano qui si palesa nella paranoia di Hendricksson che non è più in grado di distinguere la vera natura di coloro che gli stanno a fianco.
In definitiva un gradevole b-movie, con effetti speciali che faranno felici i nostalgici della stop-motion e del morphing e che centra in pieno il suo obbiettivo: essere un valido intrattenimento. L’ambientazione fra il post-apocalittico e il claustrofobico fa il resto. La sceneggiatura di Dan O'Bannon (vero guru del genere, Alien e Dark Star tra i suoi lavori) svolge bene il suo dovere (nei limiti di un film d’intrattenimento e considerando le trenta pagine scarse del materiale di partenza) e non annoia.
In perfetto stile dickiano anche il siparietto inerente al fumo. Dick era un fumatore accanito e faceva fumare i suoi personaggi come turchi. Su un Sirius 6B fortemente contaminato l’unico modo per neutralizzare l’effetto delle radiazioni consiste nel fumare delle speciali sigarette. Essere salutisti in un mondo allo scatafascio è davvero l’ultima delle preoccupazioni.

Nel 2009 è uscito un seguito direttamente per il mercato home video, Screamers The Hunting, che non aggiunge nulla di nuovo alla storia originale e punta tutto sull’effetto splatter che l’accoppiata lame-corpi è capace di offrire.

lunedì 23 novembre 2009

Pandorum - Recensione

Pandorum
USA/Germania, 2009, colore, 108 min
Regia: Christian Alvart
Sceneggiatura: Travis Milloy
Cast: Dennis Quaid, Ben Foster, Cam Gigandet, Antje Traue, Cung Le, Norman Reedus

Due membri dell’equipaggio dell’astronave Elysium, il caporale Bower (Ben Foster) e il tenente Payton (Dennis Quaid), si risvegliano improvvisamente dal sonno criogenico con una momentanea perdita di memoria a breve termine. L’astronave, apparentemente deserta, presenta pochi servizi di bordo funzionanti ed è costantemente avvolta dall’oscurità. Man mano che i ricordi affiorano in superficie la situazione si rivela sempre più critica a causa di un guasto al reattore della nave, che se non riavviato avrebbe conseguenze deleterie. Su tutto aleggia la sindrome di Pandorum che presenta tra i suoi sintomi allucinazioni e comportamento violento. Bower, in contatto radio con Payton, si avventura quindi nei meandri dell’astronave per riavviare il reattore prima che sia troppo tardi. Scoprirà ben presto di non essere solo…

Pandorum è essenzialmente un action-horror travestito da film di fantascienza. Nessun sottotesto metaforico o attenzione scientifica per i particolari ma una (mal)sana visione da incubo in grado di rendere in maniera efficace il senso di paranoia e claustrofobia che attanaglia i protagonisti. Se cercate un film capace mantenere il tasso di tensione costantemente a livelli di guardia a scapito di una trama che sicuramente non presenta l’originalità tra i suoi pregi, allora questo è il film che fa per voi. Pur saccheggiando in maniera plateale da film quali Alien, The Descent e Punto di non Ritorno (non a caso troviamo Paul W.S. Anderson alla produzione) era da tempo che non si respirava un’atmosfera così dark e claustrofobica in una produzione sci-fi. Nulla di nuovo dal punto di vista estetico ma la sensazione di minaccia incombente garantita da condotti di ventilazione e locazioni in sfacelo non è mai da sottovalutare. Se efficace è la ricostruzione degli interni della nave spaziale, altrettanto non si può dire della fotografia. Quest’ultima si rivela in alcuni momenti esageratamente scura tanto da rendere difficile capire cosa stia succedendo. La stessa difficoltà si può riscontrare in alcune scene d’azione, penalizzate da un montaggio troppo veloce e frammentario. Le creature che popolano il film non sono nuove ma risultano davvero terrificanti, complice anche il contributo degli Stan Winston Studio per il make-up. Ferali e velocissimi, sembrano una combinazione tra i mostri di The Descent e gli orchi del Signore degli Anelli. Abbastanza intelligenti da essere in grado di cacciare con trappole e utilizzare armi ma nel contempo brutali quando si avventano sulle loro vittime dilaniandole con unghia e denti. Almeno non si conformano agli stessi noiosi canoni di zombie senza cervello e il loro approssimarsi, quasi sempre annunciato dalla luce blu delle fiamme ossidriche che si portano appresso, fa salire la tensione in modo considerevole.
Lo script è decisamente lineare ma viene controbilanciato dalla scelta dello sceneggiatore di utilizzare l’espediente dell’amnesia. La memoria frammentaria di Bower permette di costruire mistero grazie alla prospettiva di un estraneo e lo spettatore, che condivide le stesse confuse informazioni del protagonista, intraprende con lui un viaggio alla scoperta dei misteri della nave. Misteri che alla fine andranno ricercati negli anfratti più oscuri della memoria.
Ottimo il ristretto cast: Dennis Quaid, nonostante ultimamente abbia fatto scelte professionali poco felici (G.I. Joe, Horsemen) è sempre bravo così come il versatilissimo Ben Foster, una garanzia qualsiasi ruolo interpreti. I comprimari svolgono bene il loro compito sebbene si tratti di personaggi appena abbozzati e il vietnamita Cung Le serve unicamente per rendere più spettacolari le scene d’azione.

Night Train - Sottotitoli

Night Train
USA, 2009, colore, 83 min
Regia: Brian King
Sceneggiatura: Brian King
Cast: Danny Glover, Leelee Sobieski, Steve Zahn
Richard O'Brien, Constantine Gregory

Tre estranei, ognuno con i propri problemi esistenziali, si incontrano su un treno notturno la vigilia di Natale. Chloe (Leelee Sobieski) è una giovane studentessa di medicina che si sente intrappolata in un futuro che non ha scelto, Miles (Danny Glover) un anziano capotreno con spese mediche da pagare e Peter Dobbs (Steve Zahn) un agente assicurativo fallito ed alcolizzato. La vicenda si complica quando un misterioso passeggero muore e viene rinvenuta tra le sue cose una scatola che sembra contenere la risposta a tutti i loro problemi. Lavoreranno insieme per mantenere la morte segreta e dividersi il contenuto della scatola oppure prevarrà l’avidità e la disperazione e cercheranno di eliminarsi a vicenda?
Tra omaggi al cinema noir del passato ed evidenti similitudini con Piccoli Omicidi tra Amici c’è spazio anche per l’elemento soprannaturale.
Prima prova registica dello sceneggiatore di Cypher.

Night Train sottotitoli

sabato 21 novembre 2009

Edges Of Darkness - Sottotitoli

Edges Of Darkness

USA, 2009, colore, 87 min


















Prodotto indipendente a budget irrisorio.
In un mondo popolato dagli zombie si intrecciano le storie di tre gruppi di sopravvissuti: una coppia di vampiri per necessità, un uomo ossessionato dai computer e dalla stesura del suo romanzo-diario che trascura la moglie ed una donna che salva la vita ad una madre e suo figlio. Fa capolino anche l’anticristo che non è affatto contento di questo nuovo inferno. Il regista è sicuramente un grande fan di Romero. Dawn Of The Dead viene omaggiato a più riprese così come classica è la rappresentazione degli zombie, con il loro incedere lento come vuole la tradizione. Ambienti spogli, personaggi in precario stato mentale che fanno discorsi assurdi e recitazione ai minimi storici, che volete di più?

Se non riuscite a vivere senza zombie ecco i sottotitoli in italiano.

Edges Of Darkness sottotitoli

Avalon - Recensione

Avalon
Giappone/Polonia, 2001, colore, 106 min
Regia: Mamoru Oshii
Sceneggiatura: Kazunori Ito, Mamoru Oshii
Cast: Malgorzata Foremniak, Wladyslaw Kowalski, Jerzy Gudejko

Mamoru Oshii, universalmente noto per il suo cult movie cyberpunk Ghost in the Shell (ispirato al manga di Masamune Shirow), decide nel 2001 di lanciarsi nel suo primo progetto con attori in carne ed ossa.
Nonostante il salto ad una produzione dal vivo, il film presenta sia dal punto di vista formale che dei contenuti tutti i tratti distintivi dei precedenti lavori del regista. Ritmo lento (in questo caso soporifero) e speculazioni filosofiche sulla vera natura della realtà non troveranno impreparati i molti fan del regista. La storia si svolge in un distopico e smorto futuro, nel quale l’unica via d’uscita dall’apatia è rappresentata da un videogioco chiamato Avalon. Si tratta di una simulazione virtuale a sfondo bellico capace di suscitare emozioni reali. Il gioco è illegale in quanto è presente la possibilità che la mente (o meglio il ghost, per usare un termine caro al regista) rimanga intrappolata nel gioco, lasciando il corpo fisico allo stato vegetativo. Il nome, non a caso, prende spunto dalla leggendaria isola, dove riposano le anime degli eroi morti, presente nel ciclo arturiano. La protagonista, Ash (Malgorzata Foremniak), guerriero di Classe A, un tempo faceva parte della squadra più forte in Avalon. La squadra si sciolse a seguito del reset del programma operato da uno dei membri, preso dal panico per il fuoco nemico. Da quel momento Ash perde le tracce degli altri componenti del team, incluso il caposquadra Murphy, e diviene un guerriero eccezionale che cerca di vincere il gioco in solitario. Comincia a nutrire una personale ossessione per un livello segreto nascosto nel gioco chiamato Classe A Special, privo della funzione di reset. Se il livello non viene completato, non si torna indietro e si finisce a sbavare in qualche ospizio. Ed Ash, con l’intento di ritrovare Murphy e portarlo indietro, cercherà disperatamente di accedervi.
Visivamente, Avalon esprime il suo massimo potenziale. Chi ha visto gli altri lavori di Oshii non faticherà a riconoscere inquadrature con i medesimi angoli di campo e lo stesso uso delle luci dei suoi anime. I movimenti di macchina sono quasi del tutto assenti e chi si aspetta massicce dosi d’azione nelle sequenze in-game rimarrà deluso. A farla da padrone sono invece splendide inquadrature fisse con una composizione del quadro perfettamente bilanciata, rese ancora più affascinanti dalla fotografia color seppia che ricorre per buona parte del film. Senza infamia e senza lode gli effetti speciali digitali, tenendo conto dell’anno d’uscita del film e della vertiginosa evoluzione tecnica a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Il ritmo del film, in pieno stile Oshii, è implacabilmente lento, con lunghe scene della vita di tutti i giorni che ne dovrebbero sottolineare la monotonia e la ripetitività in contrapposizione all’esaltante esperienza di gioco. Sarà, ma dopo 5 minuti che vengono riprese nel dettaglio le varie fasi della preparazione della cena (proprio tutte fino alla cottura) sembra di assistere più ad una puntata della Prova del Cuoco.
La trama è un mero pretesto per le elucubrazioni cyberpunk-filosofiche di Oshii. Non avviene praticamente nulla e ci si sveglia dal torpore solo in occasione del raggiungimento dell’agognata Classe A Special (o Classe Real), dove diciamo addio al filtro seppia per trovarci di fronte ad una rappresentazione classica della realtà. Si tratta, infatti, di una simulazione avanzata che corrisponde alla vita reale dei nostri giorni e si trova in netta contrapposizione con il mondo “reale” di Ash. Il tempo della scelta è giunto.

giovedì 19 novembre 2009

O-Bi O-Ba Koniec Cywilizacji - Recensione e Sottotitoli

O-bi, O-ba - Koniec cywilizacji
Polonia, 1985, colore, 88 min
Regia: Piotr Szulkin
Sceneggiatura: Piotr Szulkin
Cast: Jerzy Stuhr, Krystyna Janda, Marek Walczewski, Jan Nowicki

Al termine della guerra nucleare che ha flagellato il mondo, i pochi sopravvissuti, sotto la guida di un’elite militare, trovano riparo in una struttura sotterranea fornita di una cupola che li protegge dal mondo esterno. Mentre fuori infuria l’inverno nucleare, i pochi rimasti attendono l’arrivo di una misteriosa Arca che dovrebbe condurli verso la salvezza e l’inizio di una nuova civiltà. In un desolante panorama di derelitti assediati dal freddo e dalla fame, si muove Soft (Jerzy Stuhr, attore feticcio del regista), appartenente all’elite militare ma assolutamente refrattario ad indossare la divisa. Fine conoscitore della natura umana, Soft è l’ideatore dell‘immaginaria Arca, astuto artifizio dettato dalle circostanze e unica fonte di speranza per buona parte della popolazione del bunker. Ma la cupola comincia a dare segni di cedimento…
O-bi, O-ba - Koniec cywilizacji (La Fine della Civiltà), inedito in Italia, è una piccola gemma del sottogenere post-apocalittico che merita senza dubbio una riscoperta. Realizzato con budget modesto, il film è ambientato unicamente in interni e mescola efficacemente toni cupi con sprazzi di umorismo nero. Saremo chiamati a seguire Soft in spogli corridoi immersi nella gelida luce blu al neon che conferisce un’atmosfera ancora più opprimente e a tratti surreale. Durante la sua ricerca di una via di scampo reale da una fine ormai imminente, verrà in contatto con esemplari di varia umanità che rispecchiano con la propria miseria morale i vari aspetti di una civiltà in disfacimento e prossima alla fine. Ognuno di loro tenta di vivere la propria condizione di estenuante attesa per una nuova Arca di Noè in modi diversi. C’è chi tenta di sfuggire all’apatia trovando rifugio nella fede dell’arca, chi non smette di combattere una guerra ormai finita e chi accetta semplicemente la morte.

L’opera di Szulkin è permeata da un simbolismo politico/religioso piuttosto evidente che nel secondo caso si trasforma in divertito sberleffo. A partire da Soft, novello messia che promette una salvezza basata sulla menzogna, per finire con alcune battute sulla bibbia catalogata come narrativa, senza mancare di sottolineare come la fede possa spesso trasformarsi in fanatismo. Ma come ci ricorda Szulkin, il destino dell’uomo è unicamente nelle sue mani. E se queste mani rispondono unicamente a bisogni egoistici e materiali, allora la salvezza, anche se a portata di mano, rimarrà un miraggio.
Nota di merito per Jerzy Stuhr nei panni del malinconico Soft e buono il resto del cast , con alcuni personaggi un po’ macchiettistici ma in sintonia con l’atmosfera generale.
Film consigliatissimo per gli amanti del (sotto)genere post-apocalittico (qui rivisitato in maniera molto personale) e della fantascienza in generale.

Ed ecco per voi i sottotitoli in italiano ad opera di Freezone.
Buona visione!

O-Bi O-Ba Koniec Cywilizacji sottotitoli

mercoledì 18 novembre 2009

2012 - Recensione

2012
USA, 2009, colore, 158 min

Regia: Roland Emmerich

Sceneggiatura: Roland Emmerich

Cast: John Cusack, Chiwetel Ejiofor, Amanda Peet, Oliver Platt, Thandie Newton,
Danny Glover, Woody Harrelson

Come previsto dal calendario Maya, la fine del mondo è vicina. Lo smottamento delle placche terrestri, causato dal surriscaldamento del nucleo in seguito a una violenta eruzione solare, e i conseguenti tsunami non lasceranno scampo alla popolazione mondiale.
Tre anni prima del fatidico evento i governi del pianeta si adoperano in segreto per garantire la sopravvivenza della specie. Per la modica cifra di un milione di euro, i potenti della terra potranno assicurarsi un biglietto per le novelle Arche di Noè realizzate in Cina. Roland Emmerich non si lascia sfuggire l’ennesima occasione per sconquassare la Terra in questa catastrofica macchina per fare soldi e, visti gli incassi, per assicurarsi il suo posto sull’arca. Inutile dire che il requisito essenziale della visione è lo spegnimento del cervello per i quasi 160 minuti del film in modo da poter godere appieno delle deliranti ed esagerate scene d’azione. La suspension of disbelief naturalmente è d’obbligo così come la visione su grande schermo e un volume degno di un concerto dei Motorhead. Gli spettacolari effetti speciali, tra eruzioni vulcaniche, terremoti, grattacieli e monumenti celebri che crollano, non deluderanno di certo gli appassionati del genere. I protagonisti sono assolutamente fedeli agli standard di Emmerich, che vogliono l’uomo comune in circostanze straordinarie. Gli eroi duri e puri che sfornano battute tamarre a raffiche rimangono una prerogativa del collega Michael Bay. Spetterà dunque a Jackson Curtis (John Cusack), misconosciuto scrittore separato e padre di due figli, il compito di dare il buon esempio incarnando quell’umanità che quando la catastrofe si avvicina deve assolutamente riscoprire i valori fondamentali, in primo luogo la famiglia. Seguiremo quindi il prode Jackson fino in Cina, con ex moglie e prole al seguito, in cerca della salvezza. Naturalmente i personaggi seguono clichè talmente consolidati che la loro sorte è un libro aperto. Vale un’unica regola: più le azioni da intraprendere sono stupide e pericolose più ci si getta a capofitto. Motivo per cui gli aerei devono per forza passare in mezzo a due palazzi che crollano piuttosto che girarci attorno. Ma il nostro Jackson è un uomo pieno di risorse. Non solo, nonostante la pancetta, è in grado di prodursi in sprint degni di Usain Bolt ma è anche un provetto guidatore che riesce a far spiccare balzi sia alle limousine che addirittura ai camper. Chiudono il cerchio i potenti della terra tra i quali troviamo un presidente nero inevitabilmente nobile d‘animo (Danny Glover), una sosia della Merkel con 30 chili di meno e dulcis in fundo un premier italiano (strano mix tra Dario Argento e Dini) che deciderà di aspettare la fine del mondo in preghiera vicino al suo popolo (!). Difficile dire se la scelta sia stata dettata dall’ironia o dalla stereotipata concezione che gli americani hanno dell’Italia e del resto del mondo in generale.
Già in previsione un sequel, 2013, sotto forma di miniserie televisiva
.
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